In libreria: Il mediano di Mauthausen di Francesco Veltri
25 Settembre 2019

Questa è la storia di un calciatore. Ma non un calciatore qualunque.

Si chiama Vittorio Staccione e la sua vita cambia radicalmente in un freddo pomeriggio d’inverno del 1915. Ha appena undici anni e sta giocando a pallone insieme ai suoi amici in un campo dissestato del quartiere operaio di Madonna di Campagna, quando viene notato da Enrico Bachmann, il mitico capitano del Torino.

«Ti andrebbe di allenarti con i ragazzi del settore giovanile?»

Vittorio non riesce a crederci, è solo un bambino. Risponde di sì, una svolta per sempre. In pochi anni, quell’umile ometto tutto corsa e sacrificio che di ruolo fa il mediano, diventerà un elemento importante della compagine della sua città, fino alla conquista dello scudetto insieme a campioni assoluti come Libonatti, Baloncieri e Rossetti.

Ma alla passione per il calcio, Vittorio alterna quella per la politica. Le lotte sociali all’interno delle fabbriche e la povertà dilagante portano il giovane e puro calciatore torinese a non chinare il capo di fronte a ogni genere di sopruso. Una scelta che, in un periodo in cui la prepotenza del regime fascista inizia a limitare i movimenti di chi non si allinea alle regole di Benito Mussolini, pagherà molto cara. Nel 1927 è ingaggiato dall’ambiziosa Fiorentina del marchese Luigi Ridolfi, amico intimo del Duce, e qui, pur essendo considerato dai tifosi il calciatore più rappresentativo della squadra viola, viene costantemente intimidito e perseguitato dalle camicie nere per le sue frequentazioni antifasciste. 

Lasciato il calcio ad appena trentun anni, l’ultimo atto della sua esistenza si consuma in una Torino assediata dai tedeschi. Lavora come operaio e a seguito degli scioperi nelle fabbriche del marzo del 1944, viene arrestato su delazione e consegnato al Comando Germanico. Sul treno che lo porterà nel terribile campo di sterminio di Mauthausen, l’ex mediano granata lascerà tutto se stesso: i successi sportivi, la gloria personale e il ricordo di un amore spezzato brutalmente da un destino ingiusto e balordo. Ingiusto e balordo come quei giorni di bombe, di miseria e di morte. 

Il libro contiene fotografie inedite dall’album della famiglia Staccione. 

«A Vittorio Staccione, giocatore grigio-rosso nella stagione 1924-25, morto a Gusen-Mauthausen il 16 marzo 1945, simbolo dello sport come impegno sociale, civile e politico, lottò sui campi della vita per la libertà e la fratellanza degli uomini»

Dalla lapide a lui dedicata nello stadio Zini di Cremona

Quando quel pomeriggio di novembre il mediano di Mauthausen entrò sul terreno di gioco non riusciva quasi a reggersi in piedi. Era esausto, pallido in volto, pesava poco più di 40 chili e aveva dolori dappertutto, quasi da non riuscire a dare una priorità alla sofferenza più urgente. Indossava una strana divisa a righe verticali, diversa, palesemente diversa da quelle dei suoi occasionali ed euforici compagni di squadra.

Il mediano di Mauthausen in quello strano e freddissimo pomeriggio di novembre rivide un pallone dopo anni di chissà cos’altro, ma non seppe bene cosa farsene. In quel momento gli sembrò un oggetto quasi sconosciuto, ostile. Forse in un tempo non troppo lontano avrebbe avuto la forza e la voglia di calciarlo in avanti e corrergli dietro come un pazzo innamorato.

Ma ora non più.

Un campo circondato di neve, di fango, di cani addestrati alla rabbia, di baracche, di enormi mura in pietra e di reti iniettate di una corrente elettrica velenosa. Un campo di odio travestito ipocritamente da terreno di gioco.

…è meglio che la tua partita finisca qui. È meglio lasciare in quel posto il mediano che hai dentro e trascinare il tuo destino verso l’ultimo pezzo di strada. 

Resta fermo nella tua posizione, mantieni il tuo ruolo di centromediano come sei capace solo tu lì in mezzo, e fai il minimo indispensabile per non crollare, per non far capire agli altri giocatori-soldati di questa stupida competizione, che stai crollando per l’ultima volta.

Lasciali giocare in pace, beati loro, fino al triplice fischio finale. E poi, che vada come deve andare.

Dal Prologo del libro “Il mediano di Mauthausen” di Francesco Veltro (ed. Diarkos)