a storia della Juventus. Un titolo sobrio, concreto, in perfetto stile sabaudo, per un libro in realtà gonfio di passione. Una storia scritta chissà quante volte, che però Fabiana Della Valle riesce a far brillare di luce nuova: per la piacevolezza dello stile, per la profondità del racconto, per l’originalità di alcuni tratti, per i particolari inediti. Come giustamente si legge nell’introduzione, “ci sono storie che non finiscono mai perché ogni volta che le racconti si arricchiscono di nuovi capitoli”, a tracciare la differenza, come in questo caso, sono la curiosità e il rigore della ricerca, la capacità di trasmettere emozioni senza strappi alla fedeltà della cronaca. Un’opera completa, impreziosita dalla prefazione di Evelina Christillin, che dalle aule del liceo D’Azeglio ci accompagna alla gestione di Thiago Motta, abbracciando successi e delusioni, simboli e comparse, senza dimenticare la Next Gen e le Women, lo Stadium e il Museo, anime e luoghi di una società che, attraverso la penna di Della Valle, si racconta in prima persona: “La mia dolce condanna è l’immortalità. Io sono molto più di una squadra di calcio. Sono leggenda, destinata a non morire mai. Passano i secoli, ma io ci sarò sempre, diversa nell’aspetto eppure uguale nella sostanza, pronta a lottare amare e credere in me stessa per perseguire un unico obiettivo, essere la migliore. Con l’orgoglio e la determinazione del primo giorno, il primo novembre 1897, quando un gruppo di liceali su una panchina di Torino diede inizio alla storia infinita, la mia”.
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