In programma dal 27 al 29, a Tarquinia (VT), la quindicesima edizione di un evento culturale che punta a capire la realtà contemporanea. Ne abbiamo parlato con uno dei suoi organizzatori.
Il mondo sta cambiando in profondità e ad un ritmo veloce. Siamo nell’interregno tra due epoche. La nuova ha i tratti dell’era complessa. Come adattarci alla nuova società e alle culture dei tempi nuovi?
Questa è la domanda che si pone Pierluigi Fagan in “Benvenuti nell’ Era complessa. Mappe e strumenti del pensiero per esplorare il mondo nuovo in formazione”, Diarkos 2025.
Fagan è uno degli animatori del Festival della Complessità. Si tratta di un Festival diffuso e a Km zero, che nasce «nella convinzione che la natura, la vita, i sistemi biologici, le persone siano complessi; che siano complessi i sistemi sociali, le città, i linguaggi, le società».
Viviamo immersi nella complessità, in intense relazioni, connessioni, in dinamiche conflittuali e cooperative, alla ricerca di soluzioni inedite. La realtà è complessa, non è fatta di individui ed eventi isolati. Siamo coinvolti in relazioni, reti, varietà, diversità, interdipendenza, complementarietà, emergenze, in una storia profonda. Serve una visione sistemica attraverso dialoghi con esperti del pensiero complesso.
Il Festival è sostenuto da un coordinamento. Tra i vari soggetti il Centro studi internazionale Edgar Morin, partner promotori come associazioni, enti locali, istituzioni, motivati a diffondere la cultura della complessità per una visione sistemica.
Per questo serve mobilitare il patrimonio di creatività e risorse civili così capillarmente diffuso nel nostro Paese.
L’ edizione 2025 è dedicata al tema ” Essere, umano“. È prevista una conferenza online su “Quale umanesimo? Tra libertà e programmazione”.
Il Festival si richiama alla visione di Mauro Ceruti, filosofo protagonista dell’elaborazione del pensiero complesso, all’intreccio tra unità, molteplicità, multidimensionalità dei sistemi viventi.
Particolare attenzione è posta da Pierluigi Fagan al tema ” Complessità e politica“. La cultura della complessità infatti, non ha mai affrontato in profondità il suo rapporto con la teoria politica. Se ne è occupato in parte Edgar Morin, amico di Cornelius Castoriadis, fautore della democrazia radicale, oltre a Daniel Innerarity.
Il pensatore basco prende di petto la teoria della democrazia complessa. Egli evidenzia ritardi e criticità dei sistemi democratici rappresentativi e diretti. Solo l’intelligenza della democrazia potrà fronteggiare la complessità della realtà.
Fondamentale è la prospettiva politica di una comunità di destino planetaria, la Terra- Patria di Morin, Gaia di James Lovelock, di Bruno Latour, del filosofo tedesco Peter Sloterdijk.
Tuttavia sembra essere in ritardo la filosofia politica in generale rispetto alla penetrazione del pensiero complesso nelle scienze, nell’ecologia in particolare. Fanno eccezione, per alcuni contributi, Gregory Bateson, Niklas Luhmann, Jurgen Habermas.
Sistemi politici e ontologia della complessità sono strettamente connessi. In democrazia i “molti” sono in piena auto-organizzazione adattiva con continue emergenze. Un sistema pienamente democratico sembra declinare perfettamente la logica della complessità in politica.
In democrazia osserviamo le parti, i cittadini, in interrelazione tramite dibattito, confronto, decisioni, al fine di esprimere la volontà generale del sistema, non somma delle sue parti ma propria dell’intero. Certamente conflitti e lungaggini procedurali rallentano il funzionamento del sistema democratico ma è un sistema adattivo preferibile ad autocrazie e oligarchie più veloci.
Il tempo peraltro consente di gestire impatti, perturbazioni con migliore capacità di previsione e di riformulazione di progetti politici alternativi. È un processo di costante evoluzione che deve essere continuativamente curato, indirizzato, fertilizzato.
Nel tempo una democrazia intelligente consente una navigazione adattiva cambiando in continuazione forme e risposte verso l’esterno, modificando adeguatamente l’interno.
Una democrazia complessa permette infatti di navigare in un mare di incertezze. Così una Unione federale europea rappresenterebbe, attuando il principio di sussidiarietà, la risposta più adeguata alla complessità del mondo multipolare con giganti come Usa, Cina, India, Russia, in termini di cessione di sovranità in politica estera e di difesa comune.
Così nella nostra era complessa può essere trovata una risposta multipolare al problema comune del cambiamento climatico attraverso interventi di mitigazione nelle assise internazionali.
In conclusione, la democrazia deve uscire dalla sua attuale crisi adattandosi alla complessità trasformandosi a sua volta in un sistema politico complesso.
Su cittanuova.it è attiva da oltre un anno una rubrica sul tema ” Ripensare il pensiero. Il paradigma della complessità per rigenerare la politica”
Abbiamo, quindi, posto a Pierluigi Fagan alcune domande:
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