MILANO – Nel mondo in cui tutto corre veloce, dove spesso le parole vengono inghiottite dai post e dalle notifiche, c’è ancora chi crede nella potenza del racconto, nella profondità delle storie, nel peso delle note che hanno fatto la storia della musica. Antonio Piazzolla è uno di questi. Giornalista e scrittore, Antonio ha scelto di non accontentarsi di ascoltare la musica: ha deciso di raccontarla. Classe 1992, giornalista pubblicista, Piazzolla si è costruito una fan base sul social dei giovanissimi, Tik Tok, con un profilo verificato da oltre 15mila followers in cui racconta, con alcuni aneddoti, le rockstar di un tempo, il movimento musicale prima dell’avvento dei social, e come è cambiato il modo di fare musica.
Una carriera al servizio dei giovanissimi. Sguardo diretto e penna affilata, Piazzolla si muove con eleganza tra il giornalismo e la narrativa musicale. Ha iniziato una decina di anni fa come divulgatore scientifico, per poi passare allo sport e alla cultura. Da anni collabora con quotidiani locali e testate nazionali, dove ha avuto modo di raccontare il mondo attraverso le storie degli altri. Lavoro che, nel 2016, gli valse il Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica nella categoria ‘articoli/under35’ mentre l’anno successivo la nomina – attraverso decreto rettorale – a membro del “Gruppo di lavoro in materia di Comunicazione e Rapporti con la stampa e i media” dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Laureando in Scienze della Comunicazione all’Università LUMSA di Roma, nel 2020 portò a Foggia il NASA Space Apps Challenge ed ha organizzato eventi di formazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma.
Tra le sue interviste – tra scienziati, politici e altre personalità illustre – spiccano nomi che hanno segnato la musica italiana e internazionale: Steve Vai, Fausto Leali, Giovanni Allevi e Dennis Stratton. Non si tratta solo di domande e risposte, ma di dialoghi profondi, incontri veri tra anime affini. “I più giovani sono incuriositi di conoscere quella musica più autentica, fatta di connessioni tra le persone piuttosto che di like sui social. Molti ragazzi, mossi proprio da questa curiosità, si cimentano nello sperimentare con le proprie mani il grunge di Kurt Cobain o anche solo nel restare affascinati dall’ascolto di grandi capolavori sfornati tra gli anni ’80 e i primi anni duemila”, dice lo scrittore. Nel 2024 ha pubblicato con Diarkos ‘Black Sabbath & Ozzy Osbourne, mezzo secolo di leggenda Heavy Metal’, un viaggio appassionato nella mitologia nera e visionaria della band che ha inventato un genere; nel 2025 ha firmato ‘Luciano Ligabue, il poeta del rock’, un libro che è anche una dichiarazione d’amore alla musica italiana e a uno dei suoi più iconici cantautori e poi ‘Iron Maiden, le leggende del metal’, sempre per Diarkos, in uscita il prossimo 20 Agosto: un’immersione nell’universo creativo degli Iron Maiden, tra Eddie, sogni apocalittici e l’incredibile forza visiva e sonora di una delle band più influenti di tutti i tempi il tutto condito dall’intervista a Dennis Stratton, il primo chitarrista ufficiale della band, che fa da filo conduttore alla narrazione.
“Fin quando c’è la curiosità da parte dei giovani, ma non solo, di capire come andavano le cose in passato, continuerò a scrivere. Non si tratta di sminuire la musica moderna ma fare una distinzione tra come funzionavano le cose in passato e come funzionano oggi: prima c’era tanta gavetta da fare, le band si facevano conoscere lentamente tra i pub locali, producevano con tante fatica le demo che venivano consegnate agli scout presenti nel pubblico e solo pochissimi riuscivano ad ottenere – con tantissima fatica – un’opportunità. Tra quei pochissimi poi si facevano conoscere davvero pochi eletti. Oggi, molto spesso, basta un frammento di una traccia virale sui social per avere la notorietà che però – molto spesso – non è destinata a durare tanto. Parliamo soprattutto di un’epoca in cui non esisteva, se non in forma primordiale, l’autotune e non veniva quasi praticamente mai usato. I cantanti faticavano e le band erano composte da svariati musicisti. Soprattutto, una cosa che fa riflettere, in passato la produzione era affidata ad una persona, forse due nella migliore delle ipotesi. Oggi i crediti di una produzione musicale sembrano fatti da intere squadre di calcio per quanti sono numerosi”.
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