Intervista: La Storia Del Milan - Bibliocalcio
22 Agosto 2025

Davvero una lettura di estremo interesse per qualità e quantità dei contenuti proposti quella di Stefano Ravaglia, ispirato cantore delle vicende di 125 anni di storia rossonera. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Quanto é durata la gestazione del libro e come hai organizzato il copioso lavoro di ricerca?

Ho ricevuto la proposta a febbraio 2024 e il libro è uscito a dicembre, dunque non ho avuto moltissimo tempo ma sono riuscito a non tirarlo via e addirittura abbiamo dovuto cercare di equilibrare la mole di cose che ho scritto. Con il solo capitolo dell’era Berlusconi avevamo già quasi sforato! Ho consultato tutto il materiale in mio possesso sul Milan, sono un collezionista, oltre ad avvalermi degli articoli digitalizzati di tantissimi giornali (Gazzetta, Corriere, Il calcio illustrato, La Stampa e molti altri). Cercare negli archivi cartacei è molto più utile di Google o Wikipedia, è un altro mondo e dobbiamo insegnare ai ragazzi che è nella carta che si trova il vero tesoro.

A tal proposito ti chiedo se l’ottimo lavoro da te svolto sia più frutto di tale sforzo di ricerca e della tua memoria di appassionato e tifoso.

La memoria di tifoso c’è, e mi ha consentito di facilitare il lavoro. Sapevo già i vari avvenimenti a memoria, dunque poi partivo da lì per ritornarci sopra (è difficile ricordarsi sempre tutto) e riempire i piccoli buchi che mi mancavano. 

Ho molto apprezzato lo spirito critico e la giusta enfasi utilizzate nel raccontare la lunga storia rossonera: che tipo di approccio di si proposto in fase di redazione?

Ho scelto un approccio particolare: volevo raccontare le cose come se stessero accadendo. In alcuni passaggi ho fatto un resoconto storico ovviamente, ma in gran parte del libro cerco di far calare il lettore nelle cose come se stessero accadendo sul momento. Aggiungendo poi tantissimi elementi particolari: un libro, una intervista o un articolo, sono interessanti e colpiscono se hanno aneddoti e cose meno note. Così ho raccontato della prima e ultima partita di Rivera che sono state due amichevoli, una con il Fulham e una in Sudamerica. O di un aneddoto riguardo a un PSV-Milan che mi ha raccontato direttamente Luca Serafini, che insieme a Filippo Galli hanno firmato prefazione e post fazione. E tantissimi altri episodi che il tifoso medio certamente conosce meno.

Quale successo Stefano Ravaglia non potrai dimenticare o ritiene centrale nella storia del Milan?

Il mio più bel ricordo è Atene 2007, ero in Grecia quella sera. Ma sono tanti: Manchester 2003, il primo scudetto nel 1996 che ho vissuto allo stadio, la mia prima volta a San Siro proprio quella domenica nel 3-1 alla Fiorentina. E tutti i derby che abbiamo vinto, senza eccezioni…

I grandi successi a livello internazionale sono più frutto di uno storico feeling con tale contesto o da una provata e studiata  preferenza rispetto al successo in patria?

Entrambe le cose. Diciamo che il feeling nasce se metti in piedi i successi, è direttamente proporzionale la cosa. E il Milan ha partecipato subito alla prima edizione della Coppa dei Campioni nel 1955-56, poi è arrivato in finale nel 1958 e in più aveva vinto due Coppe Latine nel 1951 e 1956. Diciamo che l’impatto con la scena internazionale è arrivato subito e il successo di Wembley nel 1963, prima Coppa dei Campioni di una squadra italiana, lo ha certificato. Purtroppo oggi questa aurea internazionale la stiamo perdendo, se ci pensiamo sono 18 anni (e diventeranno 19, forse 20) in cui non solo non vinciamo in Europa e nel Mondo, ma nemmeno facciamo una finale. Una cosa inconcepibile per ciò che abbiamo fatto noi sul piano internazionale.

Le vittorie del Milan sono spesso legate a grandi e lunghi cicli, come spieghi questa dicotomia?

In ogni decennio il Milan ha avuto il suo ciclo. Negli anni 50 quattro scudetti e una finale di Coppa, negli anni Sessanta il dominio del MIlan di Rocco, anche nei Settanta, che sono stati un decennio più complicato, sono arrivate comunque due Coppe Italia, una finale (persa) di Coppa Coppe e lo scudetto della Stella. Dagli anni Ottanta, iniziati con la B e finiti sul tetto del mondo, fino al 2007 poi sappiamo com’è andata. Oggi è la prima volta che un tifoso del Milan più o meno ventenne, non ha ancora visto il Milan vincere qualcosa se non un paio di scudetti… Il motivo è che si è sempre costruito, si è sempre avuta la possibilità di sfornare talenti dalle giovanili, di costruire un senso di appartenenza. Cosa che oggi manca.

Sei poi affascinato delle epoche più lontane nel tempo o da quelle più recenti vissute tante volte dal vivo? 

Se devo essere sincero sono un nostalgico. Forse perché ciò che è accaduto negli anni Sessanta o Settanta non l’ho vissuto, e negli anni Ottanta ero troppo piccolo. Sono sempre curioso di sapere ciò che non so e che non ho visto. E forse è sbagliato: dovrei rivedere con la stessa enfasi le immagini di Atene o dello scudetto di Pioli, per riequilibrare! Sono un appassionato della storia del Milan, ma soprattutto della storia del calcio in generale, per cui quando vado un po’ più indietro nel tempo sono stimolato.

In termini di calcio più datato ho una grande ammirazione per Juan Alberto Schiaffino, qual é il tuo giudizio su di lui e come lo collochi nella storia rossonera?

E’ certamente il giocatore che avrei voluto veder giocare nell’intera storia del Milan e che purtroppo non ho mai visto. E’ stato un idolo, in un calcio dell’immediato dopoguerra che aveva bisogno di idoli. Pensa che lui veniva addirittura a Marina di Ravenna, il lido della mia città, in spiaggia, a giocare e insegnare calcio ai ragazzini, me lo ha raccontato mio padre. Pensate oggi cosa succederebbe se Pulisic venisse tranquillamente in spiaggia a giocare coi bambini… un altro calcio, un altro mondo. 

Per chiudere non posso che chiederti un giudizio sull’attuale corso del Milan e sul futuro stesso della società meneghina.

Purtroppo siamo in un momento in cui si è inceppato un percorso: pensiamo a un nastro che corre meccanicamente e che improvvisamente si blocca. Non dico che eravamo tornati ai tempi passati di Sacchi o Capello, ma dopo il crollo dell’era Berlusconi e tutto ciò che è accaduto dal 2012 al 2019, eravamo riusciti con l’arrivo di Maldini e Pioli a ricostruire piano piano un senso delle cose. Abbiamo vinto uno scudetto, figlio di un secondo posto della stagione precedente che tutti hanno dimenticato, come se lo scudetto di Pioli fosse stato casuale. C’era un lavoro impostato già da tempo. Eravamo tornati a fare la Champions League ogni anno, dopo 6 anni di attesa. Purtroppo nei fatti il nuovo gruppo dirigente ha demolito tutto: io sono d’accordo se qualcuno arriva e propone cose nuove, se vuole cambiare tutto, prendendosi le proprie responsabilità. Ma purtroppo a distanza di due anni dobbiamo valutare i risultati: allenatori sbagliati, sessioni di calciomercato sbagliate, la comunicazione un altro disastro. E purtroppo oggi è fondamentale come ti poni con i media e coi tifosi. E così oggi ci ritroviamo a ricominciare un’altra volta. Speriamo, al di là della Supercoppa e di una possibile Coppa Italia, che il MIlan torni a essere competitivo. Che non vuol dire vincere, ma almeno lottare per farlo. Vi dico solo un dato: negli ultimi 21 anni abbiamo vinto solo tre scudetti, nel 2004, nel 2011 e nel 2022. E il resto tutti vinti praticamente da Inter e Juventus. Non serve aggiungere altro…

Intervista al link: https://bibliocalcio.com/2025/08/22/intervista-la-storia-del-milan/